4. Domenica di Pasqua – La riflessione di don Angelo

Proseguiamo con pazienza
nel nostro cammino spirituale
ancora in attesa dell’eucaristia domenicale.

 

Al centro della liturgia di questa IV Domenica di Pasqua c’è l’immagine di Cristo “Buon Pastore” che si prende cura del suo gregge, ed è anche “porta” attraverso la quale passare per entrare nella pienezza della vita che egli ci dona.

L’evangelista Giovanni ci ricorda che il nostro rapporto con Cristo si esprime con due verbi: ascoltare e seguire. Dall’ascolto della sua Parola nasce e si alimenta la fede che poi diventa orientamento da seguire nella vita quotidiana.

In questa domenica poi – proprio in riferimento al Cristo “Buon Pastore” – siamo invitati in particolare a pregare per le vocazioni al sacerdozio e alla vita consacrata perché non manchino mai validi operai nella messe del Signore.

Preghiamo

O Dio, nostro Padre,
che nel tuo Figlio ci hai riaperto la porta della salvezza,
infondi in noi la sapienza dello Spirito,
perché fra le insidie del mondo
sappiamo riconoscere la voce di Cristo, buon pastore,
che ci dona l’abbondanza della vita.
Egli è Dio, e vive e regna con te…


+ Dal Vangelo secondo Giovanni (10,1-10)

In quel tempo, Gesù disse: «In verità, in verità io vi dico: chi non entra nel recinto delle pecore dalla porta, ma vi sale da un’altra parte, è un ladro e un brigante. Chi invece entra dalla porta, è pastore delle pecore.

Il guardiano gli apre e le pecore ascoltano la sua voce: egli chiama le sue pecore, ciascuna per nome, e le conduce fuori. E quando ha spinto fuori tutte le sue pecore, cammina davanti a esse, e le pecore lo seguono perché conoscono la sua voce. Un estraneo invece non lo seguiranno, ma fuggiranno via da lui, perché non conoscono la voce degli estranei».

Gesù disse loro questa similitudine, ma essi non capirono di che cosa parlava loro.

Allora Gesù disse loro di nuovo: «In verità, in verità io vi dico: io sono la porta delle pecore. Tutti coloro che sono venuti prima di me, sono ladri e briganti; ma le pecore non li hanno ascoltati. Io sono la porta: se uno entra attraverso di me, sarà salvato; entrerà e uscirà e troverà pascolo.

Il ladro non viene se non per rubare, uccidere e distruggere; io sono venuto perché abbiano la vita e l’abbiano in abbondanza».


Gesù “pastore” e “porta”

Sullo sfondo della parabola c’è una scena familiare nella vita palestinese di quel tempo. Alla sera i pastori conducono il gregge in un recinto per la notte. Un solo recinto serve per diversi greggi. Al mattino ciascun pastore grida il suo richiamo e le sue pecore – che conoscono la voce del proprio pastore – lo seguono.

Al centro della parabola c’è l’immagine della porta dell’ovile, attraverso la quale Gesù presenta se stesso secondo due aspetti: egli è colui che entra nel recinto del gregge attraverso la porta, non solo, ma è addirittura la porta stessa attraverso la quale passano le pecore per andare al pascolo.

Circa il primo aspetto Gesù contrappone il vero pastore che si prende cura delle pecore, al falso pastore che invece si introduce furtivamente nel gregge con l’intenzione di sfruttare le pecore.

Nella figura del pastore legittimo Gesù presenta se stesso e la sua azione nei confronti delle sue pecore, cioè – fuori di metafora – di coloro che si affidano a lui. Tale azione viene descritta attraverso una serie di verbi molto evocativi.

Egli «entra dalla porta», ha quindi col suo gregge un rapporto di familiarità; chiama le sue pecore «ciascuna per nome», è in relazione personale con esse le quali perciò riconoscono la sua voce e lo seguono mentre egli «cammina davanti a esse».

È il dinamismo della fede. Cristo entra nella nostra vita, se noi gli apriamo la porta, ci chiama per nome e ci invia sulle strade del mondo. Il cristiano autentico non può rimanere ripiegato su se stesso, chiuso nel recinto di una religiosità puramente interiore. Il Signore ci “conduce fuori” dal recinto, ci sospinge ad andare, ad immergerci nella realtà quotidiana per essere testimoni del vangelo.

Gesù poi utilizza l’immagine della porta in modo ancor più profondo e personale presentando se stesso come “la porta delle pecore”. Quindi precisa: «Se uno entra attraverso di me, sarà salvo; entrerà e uscirà e troverà pascolo».

Entrare e uscire secondo la cultura orientale significa un’esperienza totale che coinvolge la vita in tutte le sue dimensioni, dall’entrata in questo mondo con la nascita al­l’uscita con la morte.

Entrare e uscire attraverso la porta che è Cristo vuol dire renderlo punto di riferimento decisivo per la propria vita, fidandosi di lui nella certezza che ci conduce alla pienezza della vita.

O Padre, che attraverso il tuo Figlio crocifisso e risorto, ci hai offerto la possibilità di entrare in comunione con te, fa’ che ascoltiamo la sua voce e camminiamo lietamente nella via della verità e dell’amore.


Siamo entrati nel mese di maggio, quindi non dimentichiamoci

di pregare con il rosario nelle nostre case.